FASCISMO D’ACCIAIO


INTRODUZIONE

Quelle qui raccontate sono pagine di storia, del fascismo e dell’antifascismo, che ci aiutano a far luce su una parte del nostro passato, caratterizzato, come ogni epoca, da sogni, illusioni, progetti solo in parte realizzati da una generazione la quale in molti casi pagò in modo ingiusto per responsabilità altrui. Se sul sindacalismo tra le due guerre disponiamo di valide opere, frutto di un’indagine seria e di una volontà di analisi obiettiva, qui la nostra attenzione si incentra sul sindacalismo fascista di una realtà locale limitata, tuttavia di rilievo non solo a livello regionale ma anche nazionale in quanto Terni è stata, ed è ancora, uno dei maggiori centri industriali italiani.

Oggetto d’indagine in questa sede è l’opera svolta da alcuni suoi protagonisti come Tullio Cianetti, per quanto riguarda gli anni Venti e quella fase della lotta contro le organizzazioni sindacali di sinistra e l’amministrazione socialista, che si concluse con la conquista di gran parte della massa operaia, e come Maceo Carloni, la cui attività si sviluppò per un periodo di maggiore durata, in pratica fino quasi al termine della Seconda guerra mondiale.

Nei primi capitoli concentreremo la nostra attenzione sulla storia della città, della sua economia e delle attività politico-sindacali qui sviluppatesi, tenendo conto che queste costituiscono una parte importante sia della più vasta storia del fascismo e delle scelte operate in pace e in guerra dal regime, sia della storia dell’industria di Stato e del processo di modernizzazione allora in corso.

Durante il regime Terni, dove il fascismo si consolidò nella seconda parte degli anni Venti, e quindi dopo l’instaurazione della dittatura, fu una città di provincia per molti aspetti diversa dalle altre, essendo priva di una sua tradizione culturale e di una società civile borghese: si caratterizzò come «la città dell’acciaio e delle armi», con una grande massa operaia afflitta da problemi di lavoro, di salario, di alloggi, e in conseguenza di ciò scarsamente politicizzata e molto sindacalizzata. Quella ternana fu una provincia ad alta concentrazione industriale, in cui lo Stato fu presente non solo come istituzione politica ma anche come imprenditore.

In una città che percepiva se stessa come una grande fabbrica, il regime mussoliniano mise sotto l’ala protettrice del capitalismo di Stato l’industria, soprattutto nei periodi di crisi strutturale, offrendo al contempo ai lavoratori occupazione e assistenza attraverso l’inquadramento nell’organizzazione sindacale-corporativa. Nel corso degli anni Trenta, dall’intima associazione di elementi tra loro differenti, ebbe origine la grande esperienza della «fabbrica totale»: l’azienda controllava il tempo libero dei suoi dipendenti attraverso la creazione di attività dopolavoristiche e di assistenza. Attorno alla «fabbrica totale» nel secondo decennio fascista ruotarono tutte le istituzioni, dal Comune alla provincia, dalla prefettura alla questura, oltre ovviamente al partito e al sindacato che, finita la propria funzione propulsiva rivoluzionaria, negli «anni del consenso» si fecero sempre più carico, talvolta anche in competizione tra loro, dei compiti assistenziali verso tutti i cittadini di ogni età e di ogni ceto sociale. In un periodo in cui il regime dedicò la propria attenzione a ogni aspetto della vita, dall’istruzione al tempo libero, dalla maternità e dall’infanzia alla vecchiaia, ricorrendo anche all’utilizzo delle corporazioni sindacali, la città dell’acciaio e delle armi costituì un piccolo laboratorio, un microcosmo dove si rifletteva la politica sociale del fascismo, con i suoi difetti e i suoi pregi, dove la comunità celebrava i suoi riti nelle adunate, nelle feste, nelle manifestazioni sportive, facendo dissolvere quasi completamente i confini tra ciò che era pubblico e ciò che era privato, riducendo il dissenso senza ricorrere a provvedimenti polizieschi e repressivi. Questo sia perché vennero a mancare le cause di scontento e opposizione, sia in virtù di un conformismo che accomunò i ternani agli altri italiani, anche dopo l’entrata nella Seconda guerra mondiale che peraltro costituì per la città una fonte di benefici economici e sociali. Furono le sconfitte, prima ancora dei bombardamenti dell’estate del 1943, a far cambiare del tutto il clima politico in un centro industriale che dopo l’armistizio diventò l’ombra di se stesso a causa delle distruzioni, degli sfollamenti e dello stato di paralisi in cui erano costrette le fabbriche.

Ciononostante, durante la Repubblica sociale il rinato fascismo riuscì ad assicurare l’amministrazione ordinaria, facendo funzionare, seppur con esiti alterni, tutte le istituzioni sociali e assistenziali realizzate dal regime (sulle quali si inseriranno poi quelle postfasciste, comprese le sindacali), a contenere l’arroganza dei tedeschi, alleati traditi, e a bloccare la guerra civile in città, relegando le attività delle forze della Resistenza ai territori periferici, soprattutto montani. Quando il 13 giugno 1944 gli Alleati entrarono a Terni trovarono una città in gran parte distrutta dai bombardamenti e deserta.

Le origini del fascismo a Terni, la svolta dittatoriale dopo il 3 gennaio 1925, il consolidamento della dittatura, la crisi economica del 1929, la politica corporativa del decennio successivo e la guerra costituiranno le tappe cronologiche di un percorso che affronteremo focalizzando sia gli aspetti legati alle organizzazioni sindacali – dai contratti collettivi di lavoro all’assistenza sanitaria, previdenziale e dopolavoristica, dalla mutualità al collocamento – sia l’attenzione della stampa verso i grandi temi del sindacato dell’industria, le discussioni sul sindacalismo e il corporativismo, che riecheggiavano i dibattiti nazionali contemporanei, sia, per quanto riguarda il periodo della RSI, l’elezione, anche a Terni, delle commissioni di fabbrica, da cui nel dopoguerra sorgeranno i consigli di gestione, presi a modello dal più importante e rappresentativo sindacato italiano, la CGIL.

La figura, tra quelle sopra citate, su cui concentreremo maggiormente il nostro interesse, sarà quella di Maceo Carloni, non soltanto perché la famiglia ci ha permesso di studiare la documentazione raccolta nel suo archivio, ma anche perché fu un sindacalista che per quindici anni si trovò a capo dei metallurgici ternani, ricoprì vari incarichi e svolse missioni importanti a livello sia locale sia nazionale, senza contare la sua grande passione morale e civile e il suo apporto di idee ai temi del lavoro e dell’assistenza con articoli su fogli sindacali come «Acciaio» e «Il Lavoro Metallurgico».

Grazie alle vicende di questo protagonista e testimone di un momento tra i più drammatici della nostra storia nazionale, abbiamo oggi la possibilità di studiare e interpretare con una prospettiva nuova e con un atteggiamento privo di pregiudizi, quel fenomeno originale e complesso che fu il sindacalismo fascista, la cui comprensione non è possibile se non ci si libera dalle camicie di forza che sono le tradizionali categorie di destra e di sinistra. Cercheremo inoltre di far emergere un’immagine diversa e non convenzionale del lavoratore italiano durante il regime fascista, quella di un uomo che dall’esperienza della Prima guerra mondiale imparò a pensare e a progettare la vita secondo un’ottica nazionale, attribuendo anche al lavoro un senso etico e pedagogico.

INDICE GENERALE

Introduzione

Capitolo Primo

Dall’antica Interamna Nahars alla «città dell’acciaio»

Capitolo Secondo

Terni nel primo dopoguerra

Capitolo Terzo

Il sindacalismo fascista e le sue origini

Capitolo Quarto

L’arrivo a Terni di Cianetti

Capitolo Quinto

Maceo Carloni, fascista critico

Capitolo Sesto

I tentativi di mediazione di Mussolini in campo sindacale

Capitolo Settimo

La difficile posizione di Cianetti nel fascismo ternano

Capitolo Ottavo

Verso il consolidamento della dittatura

Capitolo Nono

1927: Terni diventa provincia

Capitolo Decimo

Legislazione sociale, «Carta del Lavoro» e corporativismo

Capitolo Undicesimo

Sotto l’ala protettiva della «grande mamma» e del Duce

Capitolo Dodicesimo

La crisi del 1929 e la razionalizzazione della «Terni»

Capitolo Tredicesimo

I primi anni Trenta

Capitolo Quattordicesimo

Sindacato e previdenza sociale. Il ruolo di Carloni

Capitolo Quindicesimo

Al servizio dei lavoratori

Capitolo Sedicesimo

Il sindacato nella seconda metà degli anni Trenta

Capitolo Diciassettesimo

L’attività politico-sindacale di Carloni

Capitolo Diciottesimo

Nella guerra del sangue contro l’oro

Capitolo Diciannovesimo

Il sindacato a Terni dall’entrata in guerra all’armistizio

Capitolo Ventesimo

La Repubblica Sociale Italiana a Terni

Capitolo Ventunesimo

Consigli di gestione e socializzazione

Capitolo Ventiduesimo

Neri e rossi contro i tedeschi, una verità nascosta

Capitolo Ventitreesimo

Storie imbarazzanti, verità nascoste e interessate rimozioni

Appendice

Documento 1

Il sindacalismo fascista e la sua posizione in un documento di Tullio Cianetti (estate 1925)

Documento 2

Il testamento spirituale di Maceo Carloni

Note

Ringraziamenti

Bibliografia

Indice dei nomi

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