LA «LEGIONE STRANIERA» DI MUSSOLINI


INTRODUZIONE

Durante la II° guerra mondiale, come altre potenze belligeranti, a cominciare dalla Germania, pur se non nella stessa misura dell’alleata, anche l’Italia dispose di una sua «Legione straniera», ovvero di un certo numero di uomini di diverse nazioni che accettarono di essere inquadrati in vario modo nelle forze armate italiane.

Le circostanze e gli obiettivi che indussero costoro a schierarsi e molto spesso a combattere con, per e al fianco degli italiani furono diversi. Per alcuni si trattò di passare dalla triste condizione di prigionieri di guerra a quella di membri del primo nucleo dell’esercito di liberazione del proprio Paese: è il caso dei volontari arabi e indiani inquadrati nell’ambito del Raggruppamento Centri Militari. Sarebbero stati loro, avanguardia dei propri popoli, a guidare la marcia delle forze del Tripartito alla liberazione del mondo arabo e del subcontinente indiano.

Per altri, è il caso dei serbi ortodossi, schierarsi al fianco del Regio esercito fu una scelta imposta dalla nuova realtà determinatasi con lo smembramento della Jugoslavia, dalla necessità di difendere se stessi dalla politica persecutoria messa in atto dai croati cattolici, ma anche da ragioni ideologiche come la lotta al comunismo e in difesa dell’ortodossia, dell’idea di una «più grande Serbia».

L’opposizione al movimento partigiano di Tito fu l’elemento decisivo che indusse dalmati, sloveni e croati a inquadrarsi nei ranghi degli italiani. Ci fu chi combatté per garantirsi la sussistenza, chi ritenne la collaborazione una necessità imposta dagli eventi e chi fece la propria scelta in base a ragioni ideologiche. In qualche caso determinante fu l’adesione agli ideali del fascismo, di un fascismo localmente declinato secondo specifiche esigenze nazionali e quindi portato spesso a scontrarsi con altri nazionalismi dell’area balcanica. Qui per le forze di occupazione italiane la situazione si presentò, fin dai primi mesi del 1942, piuttosto difficile e la necessità di contrastare la resistenza – le cui forze negli ultimi tempi si erano riorganizzate per scatenare un’offensiva nei distretti meridionali della Slovenia e nelle regioni della Bosnia-Erzegovina – li portò a cercare la collaborazione delle forze anticomuniste, sia per stroncare le formazioni partigiane, sia per creare un consenso popolare all’occupazione. Gli italiani cercarono quindi di inserirsi nella polveriera balcanica e di aprirsi a quelle forze autoctone, civili e militari, con cui era possibile cooperare in funzione antipartigiana.

In un contesto completamente diverso, del tutto ideali furono le ragioni che indussero qualche decina di maltesi presenti nel nostro Paese ad arruolarsi sotto la bandiera di un’Italia che sentivano essere la loro patria e a cui Malta avrebbe dovuto essere unita una volta cacciati gli inglesi, scrivendo in tal modo un’altra, ultima pagina, del processo risorgimentale.

Non ideali infine furono le ragioni per le quali alcuni tedeschi, volontari di nome più che di fatto, costituirono in Africa Orientale la Deutsche Motorisierte Kompanie».

INDICE

Introduzione

Capitolo Primo

Gli arabi

Capitolo Secondo

Gli indiani

Capitolo Terzo

La Jugoslavia sotto il dominio dell’Asse

Capitolo Quarto

Le milizie anticomuniste della Slovenia

Capitolo Quinto

I volontari anticomunisti della Dalmazia «italiana»

Capitolo Sesto

La lotta dei cetnici al fianco degli italiani in Croazia

Capitolo Settimo

La legione croata sul fronte russo

Capitolo Ottavo

I cosacchi

Capitolo Nono

I maltesi

Capitolo Decimo

I tedeschi nell’esercito italiano: la Deutsche Motorisierte Kompanie

Appendice

Note

Bibliografia

Indice dei nomi

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