STORIA DEL MAROCCO MODERNO


Prefazione

Negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, si consolidò e si diffuse nel mondo arabo lo spirito nazionalistico che, alla rivendicazione dell’autonomia o dell’indipendenza dei territori arabi dalla colonizzazione europea, mescolava suggestioni provenienti dall’azione panaraba di Shakib Arslan così come dal rinnovato ruolo riformistico di un Islam che aveva conosciuto i processi modernizzanti della nahda e dell’islah.

Il cammino verso l’indipendenza fu poi nel complesso diversificato: se in Egitto il fallimento del liberalismo condusse al colpo di Stato degli Ufficiali Liberi (1952); se in Algeria nel corso nella maggior parte degli anni Cinquanta fu necessaria una sanguinosa guerra di liberazione che avrebbe avuto profonde ripercussioni su tutta la vita sociale, politica, ideologica del Paese africano ma anche della stessa Francia; se in Libia si dovette aspettare il colpo di Stato di Mu‘ammar Gheddafi (1969) perché si potesse parlare di un’effettiva rinascita nazionale; negli altri due Paesi del Maghreb, il Marocco e la Tunisia, si verificarono convergenze e divergenze. Entrambi protettorati francesi, e non colonie come l’Algeria, la politica della metropoli coloniale fu tuttavia parzialmente diversa, in certo senso più liberale nei confronti della Tunisia che del Marocco. Entrambi apparentemente retti fino all’indipendenza (1956) da dinastie di sultani che erano state esautorate dalla dominazione coloniale dei francesi, videro i rispettivi sovrani differenziarsi nella lotta indipendentista: in Marocco, Muhammad V fu un eroe e un simbolo per il suo popolo e per le stesse organizzazioni nazionaliste; in Tunisia, il bey non volle o non seppe porsi alla testa del movimento rivendicativo e infatti fu subito deposto dopo l’acquisizione dell’autonomia. Il Marocco rivendicò la continuità secolare della sua monarchia dal carattere volutamente islamico; la Tunisia divenne una repubblica presidenziale. In ciò si fa luce un altro diverso carattere delle due vie alla riconquista della libertà. Il movimento nazionalista in Tunisia fu essenzialmente laico – e basti pensare al Neo-Destur e ad Habib Bu Rqiba; quello marocchino non rinunciò mai a rivendicare le sue radici religiose ed islamiche, a partire dalla rivolta del Rif dell’emiro ‘Abd al-Krim negli anni Venti che avrebbe potuto addirittura portare alla nascita di uno Stato islamico, di una repubblica islamica ante-litteram.

Il libro di Stefano Fabei segue l’evoluzione del nazionalismo in Marocco dall’affermazione del protettorato francese alla vittoria dei patrioti e di Muhammad V. L’opera rappresenta una novità nel panorama editoriale italiano, che, nel complesso, soprattutto in tempi recenti, poco si è interessato della storia moderna e contemporanea del Paese africano. Un altro pregio del volume è l’aver distinto il nazionalismo nei territori del Marocco francese da quello nei territori del Marocco spagnolo. Non perché si tratti di un nazionalismo dai caratteri particolarmente diversi, ma perché la letteratura qualche volta minimizza o non valorizza in modo adeguato il ruolo dei nazionalisti operanti in territorio spagnolo, che invece sono degni di comparire, con la stessa statura, accanto a protagonisti più noti come ‘Allal al-Fasi o al-Wazzani. Quelli che agirono in territorio spagnolo – si dimostra – ebbero un ruolo tutt’altro che secondario nello sviluppare la coscienza patriottica e anche nel diffonderla, per esempio attraverso la stampa.

Fabei ci fornisce un quadro esauriente con uno stile spigliato, quasi cronachistico, che accosta il lettore agli argomenti trattati. Opportunamente rileva come la Seconda guerra mondiale abbia costituito uno spartiacque nel cammino verso la liberazione. La grande conflagrazione mondiale fu il momento chiave del nazionalismo marocchino, durante il quale si realizzarono e presero corpo quegli elementi che avrebbero determinato gli sviluppi successivi e le modalità stesse dell’indipendenza: adesione del sultano al movimento nazionalista, configurazione dei rapporti tra partiti e classi sociali, rivendicazione esplicita dell’indipendenza. Altrettanto opportunamente evidenzia le convergenze, nel dopoguerra, dei nazionalismi nordafricani (quello marocchino insieme a quello tunisino soprattutto) in nome di una «solidarietà nord-africana di fronte al colonialismo oppressore».

Il nazionalismo marocchino appare nel complesso, dalla ricostruzione di Fabei, come un movimento composito in cui si intrecciarono gli influssi dell’educazione occidentalizzata e francesizzante delle élite soprattutto urbane col profondo substrato islamico che ispirerà movimenti di grande spessore politico come l’Istiqlal. I nazionalisti ebbero come obiettivo la liberazione del Paese e questo li condusse talvolta a compromessi, per esempio nei confronti di Francisco Franco nella zona spagnola, o a nutrire simpatie per l’Asse in funzione anti-francese.

L’eterogeneità e la complessità, si potrebbe dire, del nazionalismo marocchino evidenzia come il processo di liberazione nazionale nei Paesi arabi, e segnatamente in quelli del Nord Africa, non possa essere banalizzato e ridotto a poche componenti essenziali, laddove, al contrario, segue una parabola articolata in cui gli elementi di modernizzazione e di occidentalizzazione si disegnano sullo sfondo di un background tradizionale. La dialettica tra tajdid (rinnovamento) e turath (tradizione, heritage) è, in effetti, uno degli elementi più qualificanti della personalità arabo-islamica contemporanea.

Massimo Campanini

Introduzione

Molti storici collocano nel 1934 – anno della presentazione da parte di un gruppo di patrioti del cosiddetto «Piano di Riforme», prima e concreta manifestazione delle rivendicazioni – l’anno di nascita del nazionalismo marocchino. Tuttavia l’inizio di quest’ultimo pare risalire a un momento precedente,  quando alcuni giovani appartenenti alla piccola e media borghesia, presa coscienza della realtà in cui viveva il loro Paese sottoposto al giogo coloniale, decisero di dare il via a un movimento di riscossa il cui obiettivo ultimo, l’indipendenza nazionale, sarebbe stato raggiunto, nel 1956, allorché, abolito il trattato di Fès, cessato il protettorato spagnolo e abrogato il regime internazionale della città di Tangeri, il Marocco fu libero e unificato.

Complesso e articolato fenomeno di reazione al colonialismo europeo, il movimento di liberazione nazionale, aldilà delle connotazioni ideologiche o delle posizioni partitiche – per ciò che questi due elementi possono significare in un contesto molto differente da quello europeo – ebbe come principale antagonista la Francia che nel corso di un ventennio, «gli anni della pacificazione», non riuscì a penetrare in maniera pacifica in nessuna parte del Paese, nemmeno nel momento in cui poté avvalersi della collaborazione di elementi compiacenti. Dove e quando ebbe luogo, la penetrazione da parte dei francesi fu possibile soltanto tramite il ricorso costante alla forza e alla repressione militare delle frequenti rivolte sia contro l’autorità makhzen, cioè del governo, individuata come responsabile di ogni problema, sia, soprattutto, contro gli europei che, senza rendersene conto, nella confusione e nella crisi di valori e di ideologie del mondo musulmano, riuscirono a giocare «il ruolo di una carica di dinamite che esplode in un campo di silenzio e di contemplazione», fornendo motivazioni per la mobilitazione delle risorse umane più dinamiche del Paese.

In considerazione di ciò affronteremo l’argomento analizzando di volta in volta il fenomeno nazionalista sia nella parte francese sia in quella spagnola, ponendo una particolare attenzione agli avvenimenti e al movimento di liberazione operante in quest’ultima, non solo perché meno indagati dalla storiografia e dalle opere sul tema pubblicate in Italia, ma soprattutto per il ruolo di avanguardia, che il nazionalismo della zona spagnola ebbe grazie alla maggiore libertà d’azione di cui godette, nel processo di liberazione nazionale. In sintesi, dimostreremo come nel protettorato bicefalo la luce della libertà non provenisse dal sud e solo dal sud, come fino ai giorni nostri molti storici hanno sostenuto, ma anche dalla parte settentrionale del Paese.

INDICE

Prefazione

Introduzione

Capitolo primo

Dallo Stato dei «due Paesi» all’inizio del mandato francese

Capitolo secondo

La zona spagnola

Capitolo terzo

La «pacificazione» francese. ‘Abd al-Krīm e la guerra del Rif

Capitolo quarto

Il Dahīr berbero

Capitolo quinto

L’azione di ‘Abd as-Salām Bennūna nella zona spagnola

Capitolo sesto

I primi movimenti nazionalisti e il ruolo di Shakīb Arslān

Capitolo settimo

Hasan al-Wazzānī e il Partito socialista francese

Capitolo ottavo

Il Comitato d’azione marocchina e il «Piano per le riforme»

Capitolo nono

‘Abd el-Khāliq Torrēs dalla collaborazione con la repubblica spagnola …

Capitolo decimo

… alla collaborazione con il franchismo

Capitolo undicesimo

La Francia intensifica la repressione e gli arabi sperano nell’Asse

Capitolo dodicesimo

La Germania di Hitler e il futuro del Marocco

Capitolo tredicesimo

La propaganda tedesca dopo lo sbarco alleato

Capitolo quattordicesimo

La nascita del Partito dell’Indipendenza

Capitolo quindicesimo

‘Allāl al-Fāsī e Ahmed Belfareğ leader dell’Istiqlāl

Capitolo sedicesimo

La lotta di liberazione nel secondo dopoguerra

Capitolo diciassettesimo

Dal ritorno di ‘Abd al-Krīm alla conquista dell’indipendenza

Capitolo diciottesimo

Il ruolo degli altri partiti, dell’Islām e della monarchia

Capitolo diciannovesimo

Il monopolio dell’asse Istiqlāl-monarchia

Capitolo ventesimo

Verso il XXI secolo

Appendice

Bibliografia

Indice dei nomi

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