OPERAZIONE BARBAROSSA


PREFAZIONE

Quando si scrive di storia non ha alcuna importanza che sia piacevole o spiacevole; se teniamo in considerazione ciò che piace o non piace, ciò che serve o non serve, usciamo subito dall’ambito della disciplina per entrare in quello della propaganda. Chi ama indagare il passato con intenti scientifici deve cercare di fare chiarezza su ciò che è successo.

Ciò premesso, insieme alla convinzione che non occorra un libro per sostenere le tesi e la validità di un altro, mi soffermerò brevemente sul perché di questo saggio. Quando nel 2000 uscì in Italia il libro di Viktor Suvorov, Stalin, Hitler: la rivoluzione bolscevica mondiale, da me letto con grande curiosità e interesse, ma anche con piacere per l’esemplare semplicità e chiarezza unite a uno stile asciutto e privo di retorica, incominciai a pormi dei quesiti sulle possibili ragioni per cui si era rotto il patto di alleanza che avrebbe, forse, permesso a quei due dittatori di spartirsi il mondo. Da allora mi ripromisi di leggere – uscendo periodicamente dalle letture e dagli studi propedeutici ai miei libri – alcune biografie di Hitler e Stalin oltre ai saggi sul patto di non aggressione firmato dai ministri degli Esteri russo e tedesco il 23 agosto 1939, a Mosca.

Suvorov, nello scrivere la sua opera, si era avvalso non di archivi o di fonti dei servizi segreti ma di pubblicazioni ufficiali, accessibili a tutti come manuali diffusi nelle scuole delle forze armate, riviste militari, quotidiani, come la «Pravda» e «Krasnaja zvezda», il giornale dell’Armata Rossa, periodici e altri scritti, fra cui l’opera omnia di Stalin, di Lenin e Marx, i discorsi dei marescialli sovietici, Žukov, Konev, Rokossovskij. L’ex funzionario dei servizi segreti militari sovietici capovolgeva così l’opinione comune allora diffusa sull’origine della Seconda guerra mondiale, analizzando il ruolo del dittatore georgiano nella sua lunga progettazione e nel suo sviluppo. Facendo un dettagliato esame della preparazione militare e ideologica della guerra e dell’apparato bellico sovietico, l’autore si chiedeva come fosse potuto accadere che, di fronte a questa mole di materiali, nessuno avesse capito l’effettivo svolgersi del conflitto, il progetto, la tattica e la strategia dell’Unione Sovietica. La sua tesi era che Stalin, fin dagli anni Venti, avesse auspicato e preparato la guerra, considerandola, sulla scia di Lenin, adatta a innescare quella rivoluzione proletaria per la quale Hitler avrebbe svolto inconsapevolmente la funzione di «nave rompighiaccio»; in sintesi il dittatore tedesco sarebbe stato un utile burattino nelle mani del suo omologo sovietico il cui progetto era l’invasione e l’occupazione dell’Europa. Suvorov spiegava, inoltre, l’abilità di Stalin, l’effettivo iniziatore della guerra, nel riuscire ad apparire come una parte lesa sedendosi poi, nelle trattative, dalla parte dei vincitori.

Leggendo il libro risultava infranto il cliché della «lotta antifascista» guidata dal socialismo e veniva confermata l’idea che sulla guerra tra Germania e Unione Sovietica non fosse ancora stata scritta tutta quanta la verità, che alcuni suoi aspetti fossero stati deliberatamente nascosti per non infrangere il manicheismo imperante, dato che la storia la scrivono sempre i vincitori, per cui i perdenti sono, per forza, quanto meno criminali oltre che i principali, se non esclusivi, responsabili di quanto accaduto.

Secondo la tesi rivoluzionaria di Suvorov – pseudonimo di Vladimir Bogdanović Rezun, nato nel 1947, figlio di un ufficiale dell’Armata Rossa, studi all’Accademia Suvorov e alla Scuola militare superiore di Kiev, dopo aver preso parte all’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, nel 1970 è entrato nei servizi segreti e in questa veste ha risieduto a Ginevra dal 1974 al 1978, anno in cui ha chiesto asilo politico in Inghilterra ed è stato condannato a morte in Unione Sovietica – l’attacco «a sorpresa» di Hitler all’URSS sarebbe stato in realtà un’estrema reazione per prevenire l’imminente invasione dell’Europa da parte di Stalin, ragione per cui l’opposizione di quest’ultimo al Terzo Reich sarebbe stata soltanto strumentale: la premessa  di uno scontro più vasto con le democrazie occidentali.

Una tesi del genere comportava un vero e proprio sconvolgimento della storiografia novecentesca, che ritiene l’opposizione dell’Unione Sovietica e, in genere, la lotta antifascista della sinistra come il nodo cruciale del XX secolo.

Dopo aver consentito a Hitler la conquista dell’Europa, usandolo come un rompighiaccio, Suvorov sosteneva che Stalin avrebbe dato il via alla sua guerra di conquista e che la data prevista per l’invasione era stata fissata al 6 luglio 1941. Il Führer, tuttavia, sarebbe riuscito a scoprire il progetto sovietico precedendolo di due settimane. L’incapacità dei russi di difendersi sul proprio territorio sarebbe stata determinata dal fatto che erano stati preparati a una guerra offensiva e non difensiva quale fu quella cui li aveva costretti il Terzo Reich. Conferme a questa tesi furono trovate anche in documenti segreti conservati negli archivi, come ad esempio, tanto per citarne uno, il piano del maresciallo Žukov per l’attacco alla Germania, datato 15 maggio 1941. Stalin sapeva che prima o poi Hitler avrebbe attaccato l’URSS, ma non si aspettava che l’aggressione sarebbe avvenuta così presto.

Il piano del dittatore georgiano affondava le sue radici, prima ancora che in Lenin, in Marx, per il quale la rivoluzione socialista non poteva che essere mondiale. La Terza internazionale costituiva lo stato maggiore della rivoluzione planetaria e il suo fondatore era convinto che dovesse necessariamente vincere o l’uno o l’altro fronte, non potendo l’URSS coesistere a lungo con entità statali ispirate a principi diversi. Su ciò concordava anche Stalin, che riteneva una necessità improrogabile la diffusione del regime comunista in tutto il mondo, pena la disintegrazione dell’Unione Sovietica. La storia sembra aver dimostrato come fossero fondati quei sospetti: la globalizzazione in corso è, infatti, non quella auspicata dai sostenitori dell’ideologia comunista ma quella ispirata ai principi del capitalismo.

Non solo nel 1941 ma anche quattro anni dopo, per Suvorov, Stalin era convinto che la guerra fosse persa, tanto che rifiutò di assistere alla parata della vittoria, rispondendo a chi gliene chiedeva la ragione, che l’URSS si sarebbe disintegrata non essendo riuscita a conquistare «neanche l’Europa». Per decenni si è ritenuto che mettere in luce le responsabilità del totalitarismo sovietico sarebbe equivalso a scusare o giustificare quello nazionalsocialista. Oggi però che i due totalitarismi non esistono più con queste dimensioni, occorre cercare di comprendere più compiutamente il passato. È quanto ho cercato di fare. Con l’ampia bibliografia presente in fondo al testo ho voluto offrire uno strumento a chi  voglia approfondire l’argomento.

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Prefazione

Operazione Barbarossa

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    2 Commenti

  • Jonah Mckenzie ha detto:

    Suvorov, nello scrivere la sua opera, si era avvalso non di archivi o di fonti dei servizi segreti ma di pubblicazioni ufficiali, accessibili a tutti come manuali diffusi nelle scuole delle forze armate, riviste militari, quotidiani, come la “Pravda” e “Krasnaja Zvezda”, il giornale dell’Armata Rossa, periodici e altri scritti, fra cui l’opera omnia di Stalin, di Lenin e Marx, i discorsi dei marescialli sovietici, Zukov, Konev, Rokossovskij. L’ex funzionario dei servizi segreti militari sovietici capovolgeva così l’opinione comune allora diffusa sull’origine della Seconda guerra mondiale, analizzando il ruolo del dittatore georgiano nella sua lunga progettazione e nel suo sviluppo. Facendo un dettagliato esame della preparazione militare ed ideologica della guerra e dell’apparato bellico sovietico, l’autore si chiedeva come fosse potuto accadere che, di fronte a questa mole di materiali, nessuno avesse capito l’effettivo svolgersi del conflitto, il progetto, la tattica e la strategia dell’Unione Sovietica. La sua tesi era che Stalin, fin dagli anni Venti, avesse auspicato e preparato la guerra, considerandola, sulla scia di Lenin, adatta ad innescare quella rivoluzione proletaria per la quale Hitler avrebbe svolto inconsapevolmente la funzione di “nave rompighiaccio”; in sintesi, il dittatore tedesco sarebbe stato un utile burattino nelle mani del suo omologo sovietico il cui progetto era l’invasione e l’occupazione dell’Europa. Suvorov spiegava, inoltre, l’abilità di Stalin, l’effettivo iniziatore della guerra, nel riuscire ad apparire come una parte lesa sedendosi poi, nelle trattative, dalla parte dei vincitori.

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  1. Stalin - 1 Apr 2012