BIOGRAFIA

Nato a Passignano sul Trasimeno il 17 settembre 1960, conseguita la maturità presso il Liceo classico di Cortona, si è laureato in Lettere moderne all’Università degli studi di Perugia con una tesi sulle vicende che condussero nel 1914 il sindacalismo rivoluzionario italiano dalla neutralità all’interventismo, argomento sul quale nel 1996 ha pubblicato, con la Società Editrice Barbarossa, Guerra e proletariato.

In Lombardia per circa un decennio, ha insegnato Materie letterarie al Liceo scientifico di Luino e all’Istituto tecnico per geometri «Don Milani» di Tradate. Attualmente è docente presso l’Istituto di istruzione superiore «Giordano Bruno» di Perugia.

La passione per la Storia lo ha portato a iniziare ricerche su un argomento in Italia poco conosciuto. Si tratta dei rapporti che, a partire dal primo dopoguerra, intercorsero tra i movimenti di liberazione del Terzo Mondo, islamici e indù in particolare, il fascismo e il nazionalsocialismo: fenomeno scarsamente o per niente indagato sia dagli storici della decolonizzazione sia da quelli dei «fascismi». Tale interesse si è concretizzato in principio nella pubblicazione, per le Edizioni all’insegna del Veltro, di alcuni saggi, inseriti nella collana Quaderni del Veltro: nel 1988 di un’indagine sull’attività propagandistica sviluppata dalla Germania di Hitler nei Paesi arabi nordafricani sottoposti al dominio coloniale francese, intitolata La politica maghrebina del Terzo Reich (XXII); nel 1990 – era allora in corso il conflitto tra gli Stati Uniti e l’Iraq di Saddam Hussein – di una ricostruzione del jihâd che mezzo secolo prima gli iracheni avevano combattuto per liberarsi dalla pesante tutela britannica, Guerra santa nel Golfo (XXIX); nel 2002, di uno studio sulla politica nazionalsocialista in Afghanistan negli anni Trenta e Quaranta, Il Reich e l’Afghanistan (XXXVII).

Sue ricerche sono apparse su «Sacro e Profano», «Studi piacentini», «Eurasia», «Nuova Storia Contemporanea», «I sentieri della ricerca», «Enciclopedia Treccani».

Per i tipi del Gruppo Ugo Mursia Editore, Fabei ha scritto la sua più complessa e documentata indagine sulla politica italiana e tedesca nei confronti del mondo arabo e dell’Islam, dalla fine della Prima guerra mondiale al 1945. L’opera, Il fascio, la svastica e la mezzaluna, è introdotta da una prefazione di Angelo Del Boca, presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Piacenza e direttore di «Studi piacentini». Il libro nel 2005 è stato tradotto da Akribeia in Francia (Le faisceau, la croix gammée et le croissant), dove nello stesso anno l’editrice Ars Magna ha pubblicato un saggio riguardante la collaborazione delle comunità maghrebine francesi con le forze di occupazione tedesche durante la Seconda guerra mondiale: Les arabes de France sous le drapeau du Reich.

Una vita per la Palestina (Mursia, 2003) è la biografia del Gran Mufti di Gerusalemme, leader politico e religioso che ha avuto un ruolo di primo piano nella storia del movimento di liberazione palestinese dalla sua nascita fino al secondo dopoguerra. Il testo è presentato dall’orientalista Sergio Noja Noseda.

Ultima parte della trilogia dedicata ai rapporti tra il fascismo e il mondo islamico è Mussolini e la resistenza palestinese, opera presentata da Angelo Del Boca, in cui l’autore dimostra come sia stata l’Italia fascista il primo Stato a sostenere concretamente dagli anni Trenta la lotta di liberazione dei palestinesi.

Successivamente l’interesse di Fabei si è concentrato nell’area balcanica tra il 1941 e il 1945, con un’indagine sul nazionalismo serbo-ortodosso tra collaborazionismo e resistenza, pubblicata nel 2006 dalla Libreria Editrice Goriziana sotto il titolo di I cetnici nella Seconda guerra mondiale.

Nel 2007 Lo Scarabeo di Bologna ha pubblicato Carmelo Borg Pisani: eroe o traditore?, la biografia di un giovane artista maltese, Medaglia d’Oro al Valor Militare, immolatosi nel solco di una tradizione risorgimentale che auspicava l’unione di Malta all’Italia. Questo libro è preceduto dalla presentazione di Guido de Marco, Presidente Emerito di Malta, e dall’introduzione di Franco Cardini.

Ne La legione straniera di Mussolini (Mursia, 2008) Fabei affronta una delle pagine meno note della partecipazione italiana al Secondo conflitto mondiale, quella relativa ai volontari stranieri (arabi, indiani, serbi, croati, maltesi, tedeschi, ecc.) che, inquadrati in vario modo nelle Forze Armate, combatterono per la causa del fascismo e dell’Asse, ma anche per il conseguimento di loro specifici obiettivi.

Operazione Barbarossa. 22 giugno 1941 (Mursia, 2010) tratta dell’invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista, che violò il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop firmato a Mosca nell’agosto del 1939. Offrendo un’ampia bibliografia, l’autore si chiede se fu una guerra preventiva o una pura aggressione. È questo il punto di partenza di una riflessione sulle responsabilità di Stalin e Hitler nel Secondo conflitto mondiale.

Ne I neri e i rossi. Tentativi di conciliazione nella repubblica di Mussolini (Mursia, 2011), sulla base di un’ampia messe di documenti provenienti dai due campi contrapposti, Fabei ricostruisce la storia del tentativo del dittatore italiano di trasmettere, con un’ultima spregiudicata azione politica, il potere a quei settori della Resistenza ritenuti politicamente meno lontani da quel fascismo delle origini verso il quale con la Repubblica Sociale Italiana aveva cercato di tornare, e di evitare la guerra civile e il bagno di sangue che ne seguì.

Fascismo d’acciaio. Maceo Carloni e il sindacalismo a Terni (1920-1944) (Mursia, 2013), oltre alla biografia del sindacalista operaio, di origini mazziniane, ucciso dai partigiani della Brigata «Gramsci» nel 1944, è un saggio in cui viene ricostruita la storia del fascismo nella «città dell’acciaio e delle armi», dalle origini alla Repubblica Sociale Italiana. L’attenzione è qui incentrata su molti temi come il sindacalismo fascista, le sue origini, il corporativismo, i contratti di lavoro del settore metallurgico e meccanico, le acciaierie «Terni», le organizzazioni sociali e assistenziali del Regime, il Dopolavoro, ecc. Documenti alla mano l’autore racconta inoltre una pagina di storia finora volutamente minimizzata, quando non del tutto ignorata: l’elezione, alla vigilia della Liberazione, delle Commissioni interne delle Acciaierie – di cui, con il consenso del sindacato fascista, fecero parte alcuni noti anarchici, comunisti e socialisti – prese nel secondo dopoguerra a modello dalla CGIL.

Il generale delle Camicie nere (Macchione Editore, 2013), oltre a essere la biografia del generale Niccolo Nicchiarelli, capo di stato maggiore della Guardia Nazionale Repubblicana durante la RSI, ricostruisce la storia della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, di cui Nicchiarelli entrò a far parte dopo aver partecipato alla Grande guerra e aver subito la prigionia in Germania. Il saggio, dotato di un’ampia contestualizzazione storica dei fatti riguardanti l’Italia nella prima metà del XX secolo, apporta un significativo contributo sia alla conoscenza della Repubblica sociale sia all’interpretazione settoriale e globale della politica e delle istituzioni del fascismo, di cui il gerarca, che nel corso del Ventennio operò militarmente e politicamente sia in patria – in Umbria, a Trieste, a Lipari, presso la colonia di confino, e a Torino – sia in Libia, Russia e Slovenia, fu un esponente critico.

Nel volume «TAGLIAMENTO» La legione delle Camicie nere in Russia (1941-1943) (in edibus, 2014) l’autore ricostruisce, sulla base di una documentazione finora mai pubblicata, come il Diario Storico conservato nell’Archivio Nicchiarelli, una  pagina finora ignorata o sottovalutata dalla storiografia ufficiale, quella della partecipazione alla campagna di Russia delle Camicie nere. Fabei dimostra come il contributo dato Milizia alla guerra in Russia sia stata tutt’altro che simbolico, come confermato, fra l’altro dalle medaglie d’oro e d’argento conquistate sia a livello individuale sia a livello di unità. Come avrebbe riconosciuto in seguito Nikita Kruscev, le Camicie nere, tanto temute dall’esercito di Stalin, che volle fossero considerate alla stregua delle SS germaniche, combatterono bene e mostrarono, oltre a coraggio e abnegazione, umanità e correttezza verso il nemico e la popolazione civile. Il volume è arricchito da un’ampia e in gran parte inedita documentazione fotografica tratta da quattro archivi.

Storia del Marocco moderno dai protettorati all’indipendenza (Irfan Edizioni, 2014) costituisce un valido strumento per conoscere il passato recente e comprendere l’attualità politica del Paese arabo da cui proviene una delle più numerose comunità straniere in Italia. Nel saggio sono ripercorse le tappe del nazionalismo marocchino e della lotta per l’indipendenza condotta dai movimenti di liberazione nazionalisti, islamici e laici, e dalla monarchia, istituzione che sembra godere di un prestigio garantito dalla sua capacità di coniugare tradizione e progresso, preservando il Paese da fenomeni dall’esito incerto come le cosiddette “primavere arabe”.

Ne La Grande guerra e la rivoluzione proletaria (in edibus, 2015) Fabei ricostruisce le vicende attraverso cui molti sindacalisti rivoluzionari diventarono interventisti, vedendo nella partecipazione dell’Italia al conflitto, al fianco dell’Intesa,  la possibilità di sconfiggere gli Stati reazionari europei e preparare il terreno alla rivoluzione del proletariato. Spiegate le ragioni della fine di due miti che sembravano intramontabili nel sindacalismo dei soreliani italiani, il pacifismo e l’internazionalismo, l’autore analizza l’evoluzione di uomini come i fratelli Alceste e Amilcare De Ambris, Filippo Corridoni, Angelo Oliviero Olivetti, Attilio Deffenu, Arturo Labriola, Michele Bianchi, Sergio Panunzio, Edmondo Rossoni, Ottavio Dinale e Paolo Orano, per i quali la fusione di socialismo e nazione rappresentò un modello politico capace di sradicare molti punti fermi e procedere a una sintesi nuova.

Risultato di uno sforzo compiuto insieme a Fabio Polese, giornalista e fotoreporter che ha fatto diversi viaggi in Libano, I GUERRIERI DI DIO Hezbollah: dalle origini al conflitto in Siria (Mursia, 2017) è un saggio di grande attualità, utile a conoscere una forza politica e militare protagonista non soltanto nel Paese dei cedri ma anche nella Siria oggi martoriata dalla guerra civile. Il volume ricostruisce − anno dopo anno e facendo sempre riferimento al contesto libanese e mediorientale − la storia di Hezbollah dalle origini nei primi anni Ottanta – quando tre erano i suoi fondamentali obiettivi: miglioramento delle condizioni di vita degli sciiti, costituzione di uno Stato islamico e lotta contro Israele – al 2009, momento della pubblicazione dell’ultimo manifesto ideologico ufficiale, all’attuale impegno, al fianco del presidente siriano Assad, dell’Iran e della Russia, contro il terrorismo dell’ISIS, di al-Nursa e al-Qaeda. Oltre a ripercorrere l’evoluzione di Hezbollah e a farci conoscere i suoi leader e ispiratori, il volume ne rappresenta la tentacolare struttura attiva in campo sociale, culturale, assistenziale, economico e militare. Un quadro efficace della Resistenza islamica sciita in Libano, di un oppositore determinato dell’imperialismo, protagonista della liberazione del proprio Paese da Israele.

La Guardia Nazionale Repubblicana nella memoria del generale Niccolo Nicchiarelli (1943-1945) (Mursia, 2020) segna il ritorno dell’autore allo studio del fascismo con un saggio introduttivo -Fascismo al crepuscolo e continuità dello Stato – al memoriale scritto dall’alto ufficiale della Milizia per difendere se stesso e il suo operato dalle accuse mossegli sia nel corso dei processi sia, successivamente, dai reduci della RSI. Il testo è una storia della GNR che nella repubblica mussoliniana inquadrò – insieme a poche migliaia di elementi della Polizia dell’Africa Italiana e 120.000 Camicie nere della MVSN – 90.000 Carabinieri malvisti dai tedeschi e dai fascisti che li ritenevano filomonarchici. Agli ordini prima di Renato Ricci, poi del Duce, Nicchiarelli invece li tutelò considerandoli l’unica forza di polizia in grado di assolvere i compiti d’istituto affidati alla Guardia e di presidiare il territorio nazionale garantendo dopo la fine del fascismo la continuità dello Stato.

Ne Il prefetto Rocchi e il salvataggio degli ebrei. Perugia – Isola Maggiore sul Trasimeno 1943-1944 (Mursia, 2020) viene ricostruita una vicenda locale oggetto nel tempo di due narrazioni a lungo contrapposte ma accomunate dal fatto di ignorare o minimizzare il ruolo – primario in tutti i sensi – di Armando Rocchi, Capo della Provincia di Perugia dall’ottobre del 1943 al giugno del 1944. Fu infatti lui, trasgredendo all’ordine impartito dal ministero degli Interni della RSI di dare immediata esecuzione alla direttiva n. 5 del 30 novembre 1943, a permettere agli ebrei presenti nel territorio sottoposto alla sua giurisdizione di fuggire o nascondersi quanto prima. Più tardi internò coloro che non sfruttarono questa opportunità in principio a Perugia poi all’Isola Maggiore del Lago Trasimeno, da dove nel giugno del 1944, essendo imminente l’arrivo degli Alleati, sarebbero stati traghettati sulla terraferma in tre diversi momenti: tra il 12 e il 13 giugno da alcune “guardie repubblichine” addette alla vigilanza trasformatesi nell’arco di poche ore in partigiani; nelle successive notti del 19 e del 20 da quindici giovani pescatori organizzati da don Ottavio Posta.

Armando Rocchi. Il Prefetto del Duce a Perugia (Futura, 2023) è la biografia di un soldato del Novecento dalla Grande guerra al Secondo conflitto mondiale e la prima storia della Repubblica sociale italiana nel capoluogo dell’Umbria e nel suo territorio. Nato con la vocazione del combattente, Rocchi fu un uomo di milizia in tutti i sensi, sempre impegnato con coraggio nei teatri bellici in cui venne coinvolta l’Italia fascista, dalla guerra civile in Spagna (1936-1939) a quella nei Balcani (1941-1943). Dall’analisi dell’esperienza prefettizia nella sua città e della successiva quale Commissario straordinario del governo fascista repubblicano per l’Emilia e la Romagna emerge un profilo dell’uomo diverso e molto più complesso di quello consacrato per decenni dalla vulgata resistenziale.